In tempi come questi è fondamentale che ci concentriamo su ciò che Dio ha già fatto per noi e che guardiamo avanti con la speranza nei nostri cuori.
Quando intorno a noi tutto si fa buio, quando i membri della famiglia si ammalano, quando gli amici muoiono, quando si perde il lavoro, quando la libertà è limitata, quando la paura paralizza, quando i media bombardano tutto il giorno con previsioni negative, quando i leader cadono sotto il peso della corruzione o incapacità di affrontare la sfida sociale, qual è la risposta?
L’unica risposta è in Yeshua e nel suo incarico: Dio ha mandato il suo Messia per salvarci, redimerci e ripristinarci nel destino che Dio ha preparato per noi. Lo ha fatto e questa è la buona notizia!
In Is. 59,20 Dio promette un redentore (in ebraico chiamato “ga’al”) per coloro che avrebbero lasciato la trasgressione.
In Is. 60, 16 Dio dice che il suo popolo sarebbe stato restaurato e che egli stesso sarebbe stato il promesso salvatore e redentore (ga’al).
In Is. 61 (Lc.4, 16-22) Dio ribadisce che il Messia sarebbe stato unto dal Signore perché lo Spirito Santo sarebbe stato su di lui e lo avrebbe consacrato per annunciare la buona notizia ai poveri, lo avrebbe mandato a guarire i cuori spezzati, liberare prigionieri e oppressi, ridare la vista ai ciechi, proclamare l’inizio di un nuovo tempo di grazia e di vendetta del nostro Dio per consolare tutti gli afflitti.
La missione del redentore salvatore è salvare, redimere e restaurare con potenti atti di liberazione e guarigione.
Potremmo avere abbastanza familiarità con la parola “salvatore“, che in ebraico è “moshia“, la forma partecipativa del verbo “yashah”, che significa salvare. Parla di una persona che salva qualcuno o qualcosa dal pericolo o dalla difficoltà.
Ma è possibile che abbiamo meno familiarità con la parola “redentore“, che in ebraico è “ga’al“. È una parola che fa parte di un linguaggio giuridico. Significa qualcuno che ripaga, recupera, salva o scambia qualcosa con qualcos’altro, ripristinando le cose come erano prima.
Nella Torah, il ga’al è il parente stretto legittimato a riscattare chi della sua famiglia fosse andato in schiavitù (Lev. 25:48), a vendicare il sangue di un membro della famiglia che fosse stato ucciso (Numeri 35:19), a ricomprare la proprietà che fosse stata venduta da uno qualsiasi dei suoi “fratelli” (Levitico 25:25) e a portare avanti il nome di famiglia, sposando la cognata che fosse rimasta vedova e senza figli (Deuteronomio 25: 5-10).
In breve, il ga’al era il famigliare che aveva la legittimità, il potere e la responsabilità di riscattare e restaurare persone, beni e posterità. Ed è notevole che lo potesse fare solo per quei suoi parenti stretti che ne avessero chiesto l’intervento.
Il ga’al aveva il potere giuridicamente redentivo di restaurare. Il nostro ga’al è Yeshua, il Messia, il salvatore-redentore. È il nostro parente più stretto perché lui, il vero Dio, è diventato un vero uomo, proprio come ognuno di noi; e, attraverso la sua opera compiuta noi, che abbiamo riposto la nostra fiducia in lui, siamo stati salvati dalla morte e completamente restaurati come figli nella famiglia di Dio!
Ben oltre 700 anni dopo che Isaia ebbe scritto le dette profezie nel suo libro, è accaduto che un sabato Yeshua è andato alla sinagoga di Nazareth, il villaggio dove era cresciuto. Gli fu dato di leggere la scrittura prevista per quel giorno, tratta dal rotolo del profeta Isaia. Era il punto dove il profeta annunciava che un giorno sarebbe venuto il ga’al promesso; che sarebbe stato inviato da Dio con lo Spirito Santo, che lo avrebbe consacrato come il Messia tanto atteso. Poi si è seduto e, nel generale silenzioso imbarazzo dei presenti, disse che le parole che aveva appena letto, parlavano di lui e che quindi egli steso era il “moshia e ga’al” inviato da Dio per la redenzione dell’umanità. Affermò di essere il Messia promesso, il salvatore e il redentore che ristabiliva dalla povertà, dall’afflizione, dalla prigionia, dall’esilio, dalla cecità, dalle circostanze avverse, dalla malattia e dal peccato (Is. 61, 1-2).
Isaia scrisse anche che, conseguentemente, al popolo del Signore sarebbe accaduto quanto segue:
– avrebbe ricevuto una corona, gioia e lode in modo da essere chiamati alberi giusti, piantati dal Signore per glorificarlo (Is. 61,3);
– avrebbe ricostruito le antiche rovine, restaurato le antiche devastazioni, rinnovato le città in rovina, le devastazioni di molte generazioni (Is. 61, 4);
– i suoi appartenenti sarebbero stati chiamati sacerdoti del Signore e ministri di Dio (Is. 61, 6);
– non avrebbe più sofferto la vergogna né la disgrazia e la loro sarebbe stata una gioia eterna (Is. 61,7);
– avrebbe ricevuto una ricompensa e l’eterna alleanza che Dio aveva promesso al suo popolo (Is. 61,8).
L’effetto della redenzione è anche una completa restaurazione apostolica: il Messia, il ga’al inviato da Dio, ci ha completamente riposizionati nel suo regno come suoi rappresentanti ed agenti per ricostruire e rinnovare ciò che era andato in rovina: città, famiglie e discendenti.
A Nazareth, quel sabato Yeshua ha alzato il sipario della storia e ha annunciato l’inizio del santo giubileo del Signore, che in figura era già stato preannunciato in Levitico 25: il nuovo tempo della grazia di Dio per l’umanità e la vendetta sul nemico infernale.
Ma i concittadini di Yeshua, oscurati da un ingannevole tumulto interiore, guidati da un odio inspiegabile, eccessivo, innaturale e illogico, disprezzarono quell’unto, il loro ga’al inviato da Dio, al punto da volerlo uccidere. E ci riuscirono quasi.
Sorgono spontanee alcune domande per riflettere: abbiamo noi mai disprezzato qualcuno che era venuto a portarci consolazione, liberazione, rivelazione, guarigione o perdono a causa della nostra comune familiarità? Siamo mai passati da uno stato di vittima della vita a quello di persecutori di chi si è offerto di aiutarci, solo perché li abbiamo visti crescere accanto a noi o nella nostra stessa città, ambiente o comunità cristiana?
Dio si occupa ancora di portare gli esseri umani fuori dalle loro sabbie mobili. Ovunque uno abbia deviato dal suo destino, Dio vuole riportarcelo dentro. Ma ha bisogno di un essere umano per portare in quelle situazioni il divino ga’al che ha con sé la potenza di restaurazione dello Spirito Santo da offrire a coloro che ne hanno bisogno: siamo disponibili a essere quei portatori, ad affrontare la persecuzione e il rifiuto? Siamo disposti perfino a pagare un prezzo per rimettere in sesto le persone afflitte e spiritualmente moribonde come fece il buon Samaritano quando lasciò alla locanda l’uomo che egli stesso aveva salvato dalla morte?
Negli ultimi 2000 anni, la chiesa è stata ed è tuttora l’agente di Dio per la restaurazione. Più che mai, in un momento come questo, occorre che tutti i “portatori del Regno di Dio” siano disponibili affinché lo Spirito Santo continui a svolgere attraverso di loro la missione redentrice di Yeshua, a portata di mano di tutti coloro che si pentono e confidano in lui.
Possa Dio illuminare le nostre menti per farci vedere la verità. Possa Dio guarire i nostri cuori per avere gratitudine e liberarci dall’egoismo e dalla giustizia personale che ci rendono schiavi del principe di questo mondo. Possa Dio portarci via dall’oppressione del peccato, delle malattie e delle circostanze che inaspriscono la vita. Possa Dio rimetterci nel destino che nell’eternità ha progettato per ognuno di noi!
Maurizio Tiezzi
Articolo pubblicato in inglese sulla rivista “Thy kingdom carriers”, dicembre 2020